GIULIO CESARE PROCACCINI

Bologna, 30 maggio 1574 – Milano, 14 novembre 1625

Sposalizio mistico di Santa Caterina

1616-20

olio su tela

149×145 cm

OPERA

Il dipinto, dall’insolito formato quadrato, proviene dalla collezione del cardinale Cesare Monti, nominato arcivescovo di Milano nel 1632, ma fu probabilmente eseguito da Giulio Cesare Procaccini per il nobile milanese Scipione Toso. L’artista, appartenente a una dinastia di pittori bolognesi, recupera intelligentemente le fonti della sua formazione, rileggendo la dolcezza di Correggio e l’eleganza raffinata di Parmigianino con tocchi e pennellate in stile già barocco. 

Il capolavoro rappresenta Santa Caterina d’Alessandria, martire, vissuta nel IV secolo. Dai testi agiografici più tardi abbiamo notizie sulle origini regali e sul “matrimonio mistico” con Gesù Bambino, presentatole dalla stessa Vergine, secondo una visione che la santa ebbe in sogno, la notte dopo il battesimo.

Caterina è inoltre considerata patrona dei teologi poiché riuscì a convincere e convertire i retori e i filosofi convocati dall’imperatore Massenzio, o Massimino.

Torturata con la ruota dentata e infine decapitata, la leggenda narra che dal suo collo sgorgò latte e subito gli angeli ne trasportarono il corpo sul Monte Sinai.

BIOGRAFIA

Giulio Cesare Procaccini proviene da una dinastia di pittori bolognesi: il padre, Ercole Procaccini il Vecchio, e i fratelli Camillo e Carlo Antonio. Undicenne si trasferisce con la famiglia a Milano, a lavorare per la villa di Pirro I Visconti Borromeo a Lainate. Grazie all’arcivescovo Federico Borromeo, citato anche da Manzoni nei “Promessi sposi”, la città ambrosiana è in quel momento storico vitalissimo centro di elaborazione delle nuove iconografie della Controriforma. L’artista partecipa da protagonista alla realizzazione dei quadroni per il Duomo raffiguranti la vita di san Carlo Borromeo.Il suo stile fonde in modo sapiente la formazione emiliana tra Correggio e Parmigianino con vigorose suggestioni di Rubens. Sempre a Brera si conserva il suo ultimo Autoritratto, del 1624, dipinto un anno prima della morte dove esibisce con orgoglio la medaglia ricevuta dal Granduca di Toscana, Cosimo II de’ Medici: la sua fama varcava ormai i confini lombardi.